ancora sull’odio in Rete
di Giuseppe Motta
“Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.”
Bertrand Russell
Ritorno brevemente sul fenomeno dell’odio in Rete spinto dalle reazioni suscitate dal mio precedente articolo “esiste un diritto all’odio in rete?”[i] Mi hanno infatti sorpreso alcuni commenti di “odiatori” che hanno ritenuto che io intendessi “sdoganare” giuridicamente il loro “diritto all’odio”. Orbene, chiarisco subito: nulla era più lontano dalle mie intenzioni. La mia era solo un’analisi ragionata e, per certi versi, provocatoria, sul sentimento umano dell’odio e sui limiti alle sue manifestazioni.
Per questo motivo ritengo opportuno completare il ragionamento con alcune osservazioni che traggono spunto in particolare da alcuni fenomeni che si riscontrano sempre più frequentemente in questo periodo caratterizzato dalla “crisi del coronavirus”.
Nei periodi di crisi, di norma, gli esseri umani, pur sforzandosi di essere razionali affidandosi alla logica, spesso si lasciano sopraffare dalle emozioni, che giocano un ruolo fondamentale, stravolgendo spesso scelte basate su dati scientifici. Una delle reazioni più tipiche in questi casi è la paura, emozione primaria, fondamentale per la nostra difesa e sopravvivenza. Assieme alla paura si fanno strada altre emozioni: dal panico all’ansia generalizzata, per cui si percepisce ogni situazione come rischiosa ed allarmante. In alcuni casi vi è poi una degenerazione verso l’odio sulla scia della necessità tipicamente umana di trovare sempre un presunto colpevole, meglio se lontano da sé e dal proprio gruppo sociale.
Di fronte ad una grave crisi ed alle emozioni che scatena negli esseri umani, possiamo distinguere tre tipi di reazione che si rispecchiano in altrettante categorie di persone:
- Quelli che si chiudono in sé stessi o nel proprio ristretto gruppo familiare e/o sociale, si adeguano in silenzio alle prescrizioni dell’autorità politica, più per necessità di sicurezza che per convinzione, perché hanno paura ed hanno bisogno di rassicurazioni da parte di chi, nell’immaginario collettivo, può fare qualcosa. Magari donando qualche euro alla protezione civile o a qualche associazione di volontariato si puliscono la coscienza e pensano di aver fatto il possibile per contribuire alla soluzione della crisi. Questi sono gli antieroi, facilmente controllabili con la paura e con l’offerta di “sicurezza”, anche se a scapito di una porzione di libertà, sono la maggioranza e sono quelli che ogni Governo preferisce avere come governati.
- Poi ci sono coloro che, invece, che in silenzio combattono la loro battaglia per migliorare la società senza colori ideologici, senza pregiudizi e spesso con grande spirito di sacrificio: in questa emergenza si sono distinte alcune categorie di persone che hanno affrontato con coraggio e spirito di sacrificio la malattia e, a volte, la morte nel tentativo di aiutare gli altri, persone queste che neanche conoscevano ma a cui riconoscevano il diritto alla vita anche a scapito della propria: i medici, gli infermieri, gli operatori delle ambulanze, le forze di polizia, i pompieri, i farmacisti, le associazioni di volontariato impegnate nell’assistenza. Anche se con minore esposizione, tra questi vi sono altre categorie di persone: gli innumerevoli insegnanti che senza orari, a volte senza avere le necessarie competenze, hanno fatto salti mortali per consentire agli studenti di proseguire le lezioni, spesso aiutando le famiglie in difficoltà ad ottenere i mezzi per far partecipare i figli alle lezioni on line; o coloro che hanno continuato a rifornire i supermercati e le farmacie di generi di prima necessità. Questi sono gli eroi silenziosi della pandemia, quelli che hanno sopperito alle inefficienze della burocrazia ed all’incapacità di governare la crisi da parte dei politici. Tutte persone che non si sono adagiate sugli interventi dello Stato, che non si sono egoisticamente rinchiuse nelle loro case pregando che qualcun’altro risolvesse il problema, ma che si sono rimboccate le maniche e messe subito all’opera per quello che potevano fare e per tutti.
- Infine, ci sono quelli che, assolutamente incapaci di fare qualcosa di utile per gli altri, diventano leoni da tastiera e criticano tutto e tutti[ii]. Questi, forti della libertà che offre il Web ed assolutamente convinti che il diritto alla libera manifestazione del pensiero valga per loro senza limiti, mentre non altrettanto per gli altri, in questo periodo di crisi danno sfogo a paure e frustrazioni aggredendo tutti quelli che non la pensano come loro o mettono in dubbio i loro pregiudizi. Si possono, a loro volta, dividere in ulteriori categorie che è interessante analizzare singolarmente:
- Ci sono coloro che non sono in grado di gestire la tensione accumulata nella vita di ogni giorno, peraltro accentuata dalla crisi stessa, e sfogano la loro frustrazione odiando tutti. L’odio è indiscriminato non ha un oggetto né una persona in particolare verso cui rivolgersi, è puro rancore Si riconoscono perché, ad esempio nei social, entrano sempre a gamba tesa, magari in discussioni di altri gruppi, senza neanche leggere con attenzione di cosa si parla o cosa è stato detto prima. Il loro intervento si contraddistingue per un’acredine assolutamente priva di ogni logica, di un senso compiuto. È solo odio, rancore, cattiveria allo stato puro contro tutti quelli che partecipano alle discussioni on line, spesso anche verso chi la pensa come loro, perché nel proprio odio non riconoscono neanche chi gli somiglia. I post di questi odiatori sono caratterizzati dall’essere privi di ogni regola di grammatica o di ortografia, spesso tutto in maiuscolo ad evidenziare l’urlo di rancore verso il mondo, con molti puntini di sospensione o punti esclamativi; ma non solo e non sempre per ignoranza, ma per l’incapacità di dominare i propri sentimenti malevoli che li spinge a scrivere di getto tutto quello che viene loro in mente senza alcun filtro e senza neanche rileggere quello che si è scritto prima di pubblicarlo. Una catarsi vendicativa contro il senso di inadeguatezza che li pervade. Non hanno bisogno di interlocutori, perché parlano al mondo sputando veleno. Faccio un esempio di strettissima attualità per essere più chiaro: Silvia Romano, una ragazza meravigliosa che ha deciso di aiutare “a casa loro” quelli più sfortunati di noi, è andata in Africa e lì è stata rapita da un gruppo di integralisti islamici che di religioso hanno ben poco, dato che il loro scopo era chiedere un riscatto per il suo rilascio. Dopo 18 mesi di reclusione e il pagamento di circa 4 milioni di euro (si dice) la ragazza è stata liberata e ha dichiarato di essersi convertita all’islam (qualcuno insinua che si sia sposata e sia incinta forse per dare una apparente e sciocca giustificazione all’odio). Ora senza soffermarsi sulla “sindrome di Stoccolma”, è evidente che chiunque avesse passato quello che sicuramente ha passato lei avrebbe avuto dei contraccolpi psicologici, ma leggere frasi insensate di odio perché, ad avviso degli haters, essendo andata di sua spontanea volontà avrebbe “meritato” quello che le è successo, leggere volgarità insensate e vergognose o addirittura farne una questione di prezzo per cui il fatto di essersi convertita all’Islam ne avrebbe diminuito il valore e ancor di più se incinta di un mussulmano, lascia davvero senza parole e mostra la bassezza morale di queste persone, che magari non vogliono accogliere gli extracomunitari dicendo di aiutarli a casa loro, ma se c’è qualcuno più umano e più coraggioso di loro che lo fa, diventa una colpa da scontare con quello che potrebbe succedergli… Ma gli odiatori non sono i più pericolosi per la società. Fastidiosi sì, offensivi sempre, ma prevedibili e facilmente riconoscibili si possono tranquillamente controllare; a volte basta ignorarli perché dopo lo sfogo si spengono da sé. Diventano pericolosi quando il loro odio si indirizza verso una persona o un gruppo di persone, che sono oggetto di persecuzione. In questo caso siamo però fuori dall’odio quale fenomeno psicologico e sociale, perché diventa un vero e proprio fenomeno criminale molto grave perseguito dalla legge con la previsione del delitto di stalking.
- Poi ci sono quelli che si limitano a criticare tutto, ritenendosi grandi conoscitori del mondo ed esperti in qualsivoglia argomento. Sono quelli che filtrano attraverso i loro pregiudizi ideologici, religiosi, culturali, tutto quello che avviene durante la crisi, impartendo lezioni di morale e correttezza dall’alto del piedistallo su cui sta chi, non facendo nulla, non ha mai paura di sbagliare ma evidenzia con forza e ignoranza i presunti errori altrui. Si chiama effetto Dunning-Kruger, o paradosso dell’ignoranza, l’insidioso cortocircuito mentale in base al quale chi è incompetente non ha consapevolezza della propria ignoranza e a questa spesso si accompagna la supponenza e l’arroganza; gli incompetenti nutrono un’incondizionata fiducia nelle proprie capacità. Disconoscono le competenze altrui, disprezzandole. Non sentono alcun bisogno di imparare. Rimangono sempre fermi nella certezza della loro competenza con enorme fiducia e ignoranza, guardando il resto del mondo dall’alto in basso. Anche Socrate – nel quinto secolo avanti Cristo –avvertiva che “è sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s’illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza”[iii]. Il problema è che nemmeno i più esperti, che hanno la consapevolezza di quanto le cose possano essere complicate, raggiungono mai il livello di fiducia nelle proprie capacità che appartiene agli incompetenti. Tutto questo fa sì che l’effetto Dunning-Kruger sia difficilissimo da correggere, perché competenti e incompetenti dialogano su due diversi livelli: i primi entrano nel merito, mentre i secondi, forti solo delle proprie certezze, tendono a mettere in discussione la credibilità e l’autorevolezza dei loro interlocutori, mettendoli con ciò in una posizione scomoda e sgradevole. Gli “odiatori tuttologi”, laureati all’università della vita, disquisiscono su tutto, sono esperti in ogni campo, conoscono anche le implicazioni recondite di ogni cosa che gli ignoranti non conoscono: sono i migliori allenatori sportivi durante le competizioni più importanti; dissertano con noncuranza e sicurezza su questioni geo-politiche di fronte alle crisi internazionali; sono grandi ingegneri ed architetti quando si tratta di giudicare le opere pubbliche (sanno esattamente il perché ad esempio è crollato il ponte di Genova e non sicuramente per i motivi che ci dicono gli esperti); passano con incredibile semplicità dall’essere grandi virologi – perché hanno capito come si combatte il virus e per criticare o esaltare una cura piuttosto che un’altra – a indiscussi epidemiologi che prevedono con certezza quando e se il virus sparirà o se ci sarà una seconda ondata e quindi criticano il Governo qualunque decisione prenda perché loro avrebbero deciso con più competenza e tempestività; decidono se un vaccino è efficace o se contiene elementi per un controllo mentale di chi lo riceve, perché sanno cose che i comuni mortali non sanno; sono fisici nucleari che conoscono con dovizia di particolari ogni conseguenza dell’istallazione delle antenne 5G; sono grandi giuristi ed affermano con incredibile sicurezza se un provvedimento è o non è costituzionale, se una sentenza è giusta o sbagliata e se un giudice non capisce niente di diritto. E quando magari qualcuno scrive sui social degli ignoranti saccenti che popolano il Web (perché quello dei social rappresenta il loro mondo) sono i primi a dire che sono cose vere e che gli tutti altri appartengono a questa categoria ma loro, ovviamente, no.
Ma attenzione, non dobbiamo dimenticare che, chi più chi meno, possiamo essere tutti vittime, in certe occasioni, di questa distorsione cognitiva.
In conclusione, a chi ha pensato che il mio precedente articolo fosse una “giustificazione giuridica” per il loro odio indiscriminato dico che molto probabilmente appartengono a una delle due categorie di questo terzo gruppo.
[i] https://www.giuseppemotta.it/esiste-un-diritto-allodio-in-rete/
[ii] Cfr. https://www.giuseppemotta.it/chi-odia-in-rete-e-davvero-cattivo/
[iii] Platone, Apologia di Socrate.