di Pietro MOTTA
Le desolanti e tremende “novità” di queste settimane hanno innescato in molti salotti televisivi un tragicomico confronto pseudo intellettuale tra “putiniani” (antichi e recenti), “guerrafondai” (anch’essi antichi e recenti), “neneisti” (questi ancora più antichi), “fatalisti” (ci sono sempre stati) e “pacifisti” (della prima e dell’ultima ora).
Tale agglomerato di opinioni ha creato un forte dibattito che spesso è scivolato (come è oramai di moda) in invettive contro coloro che esprimono concetti poco graditi.
Anche chi scrive si è lasciato trascinare nella vis polemica criticando apertamente l’intervento del Prof. Orsini (ormai ospite fisso di certe trasmissioni) allorquando ha sostenuto (e continua a sostenere con sempre maggiore radicalizzazione) una sua opinione circa la necessità di “non ostacolare” le mire putiniane con la disarmante giustificazione che: “tanto li otterrà egualmente ma a prezzo di maggiori massacri”!
Questa opinione è stata sostenuta anche da altri intellettuali come il fisico prof. Rovelli il quale ha dichiarato: “Nell’immediato, l’unico risultato del fornire armi all’Ucraina sarà quello di far soffrire di più gli ucraini, provocando più morti sia tra loro che tra i russi; in prospettiva, rifiutandoci di accettare compromessi e di prendere atto che non siamo i padroni del mondo e che non possiamo decidere tutto, rischiamo di avere un altro secolo di sofferenze e devastazioni, proprio come il Novecento”-
Questi interventi hanno suscitato nell’opinione pubblica una profonda spaccatura e, conseguenzialmente, una serie di invettive da parte dei contrari, rispediti al mittente da parte dei favorevoli. Si è cioè creato, come oramai accade sempre più di frequente, non un serio dibattito con interventi informati, intellettualmente onesti e comunque regolati da un sano principio di reciproca accettazione del confronto, ma una serie di improperi di stigmatizzazioni dell’opinione altrui di etichettature tra i filo russi e antiamericani rispetto ai veri democratici ecc. ecc.
In realtà, credo che questo modus operandi, che io chiamo degli “schiamazzi intellettuali” rappresenta una “novità” del nostro tempo rispetto alle antiche qualità del positivismo ottocentesco e ancor prima dell’illuminismo. Nell’era dei Lumi e ancor più nel positivismo, infatti, almeno a livello filosofico, ogni pensiero ed opinione era preceduto da una attenta osservazione dei fatti, della loro concatenazione logica, di un più ferreo principio eziologico tra “fatto” e “antefatto”; il tutto basato sul presupposto della tolleranza e della razionalità. L’illuminista Voltaire sosteneva che la Tolleranza va considerata l’espressione etica massima della filosofia, “una religione laica che riconosce la fallibilità e la debolezza umane e, quindi, rifiuta ogni forma di persecuzione in nome di una qualsiasi verità assoluta”[1]. Auguste Comte, fondatore del positivismo, sosteneva che se si riuscisse veramente a trattare anche i temi relativi all’uomo, ispirandosi ai criteri e metodi già affermatisi in varie scienze della natura, si avrebbe finalmente a disposizione una scienza dell’uomo che permetterebbe di affrontarne i problemi in modo obiettivo e rigoroso. Positivo è anche ciò che appare fecondo, utile, efficace, in opposizione a ciò che è inutile, ozioso ed inutilmente polemico. [2].
Oggi invece si assiste ad una presa di posizione pseudointellettuale che precede l’opinione. Essa non si forma per effetto di un’analisi, ma è già preconfezionata e su tale base si affronta l’argomento trattato con inevitabili bias logici e argomentativi. Un modo di rapportarsi alle informazioni e alle notizie senza che venga posta alcuna attenzione alla loro attendibilità; queste sarebbero percepite esclusivamente su base emotiva e totalmente acritica[3].
Ma chi preconfeziona le nostre opinioni?
È il vero dramma del nostro tempo e la risposta credo sia la più difficile anche se, come al solito, ci saranno una moltitudine di persone pronte a darla senza troppo riflettere.
Sono stato colto da questo interrogativo osservando una serie di accadimenti che nello spazio di pochi anni si sono succeduti con impressionante rapidità.
Li elenco per facilità espositiva:
- la decisione di Facebook di bloccare l’account al già Presidente Trump;
- la decisione di limitare internet in Cina di qualche anno fa;
- La decisione bloccare social e intenet nella Russia di oggi;
- la decisone di molti intellettuali nostrani di censurare ogni possibile lettura alternativa rispetto al covid ed ai rimedi attuati (dal green pass in poi);
- la decisione di Wikipedia di cancellare il profilo del Prof. Orsini (lo stesso sopra indicato);
Questi episodi tutti apparentemente scollegati tra loro mi hanno indotto a ritenere che esista una sorta di “sovrappensiero” o di “opinione dominate” che attribuisce di volta in volta legittimazione a censure o discredito sociale.
Non ho mai condiviso l’agire del Presidente Trump ma la decisione di “censurarlo”, peraltro operata da una società privata, mi ha impaurito.
Non ho mai condiviso il modus di agire della società cinese e non mi meraviglia la sua decisione di operare una censura; essa è frutto di un sistema che non è democratico.
Nutro profonda ostilità nei confronti del sistema sociale russo e quindi non mi desta sorpresa l’assieme delle decisioni assunte da questo “regime”.
Non sono mai stato un no vax o no green pass ma francamente mi spaventa il modo come costoro sono stati trattati.
Ho apertamente criticato le opinioni del prof. Orsini (leggi mio precedente articolo dal titolo “Chi è già all’inferno e chi ci andrà!”) che mi ha pure sorpreso e molto indispettito ma non avrei mai pensato che in Italia fosse possibile censurare la sua stessa esistenza ed additarlo al pubblico ludibrio.
Tali condotte mi fanno temere che sia in atto una “evoluzione del nostro sentire democratico” laddove il concetto di tolleranza, di accettazione, di rispetto, di ascolto, ha lasciato spazio ad atteggiamenti profondamente antidemocratici. É nata una nuova forma di democrazia intellettuale in cui la derisione, la semplificazione, la banalizzazione delle idee è divenuto strumento di confronto (o pseudotale) ma la cosa più preoccupante è data dal fatto che le opinioni cd. “minoritarie” rispetto al “sentire comune”, più che essere censurate – salvando la “facciata” del pluralismo e della libertà di manifestazione del pensiero – vengono regolarmente ridicolizzate, aprendo la strada a manifestazioni di odio o di intolleranza molto gravi Tutto ciò senza che nessuno abbia la forza o la volontà di reagire, non tanto nei confronti delle singole opinioni, più o meno criticabili quanto rispetto a questo “metodo” pervasivo e subdolo che da un po’ di tempo a questa parte sta prendendo piede.
Ciò che le dittature attuano senza necessità di giustificazione democratica, le democrazie stanno iniziando a realizzare con sottile e pericolosa “giustificazione” democratica.
Non è che l’esser nati in democrazia ci rende curiosi di scoprire una post democrazia che però somiglia tanto ad una “quasi democrazia”?
[1] Cfr. G. Motta, Dialogo sulla tolleranza, Agorà & C., Lugano, 2018, pag. 42
[2] Cfr. A. Comte, a cura di A. Negri, Discorso sullo spirito positivo, Roma-Bari, Laterza, 2003.
[3] Per approfondire il concetto, cfr https://www.giuseppemotta.it/post-verita-fake-news-e-complotti/.