FALLACIE E SDOPPIAMENTI DELLA RETORICA

Ricevo dall’avv. Carmelo Santonocito l’articolo che segue, che pubblico volentieri – anche se non rappresenta il mio pensiero – perchè lo trovo un interessante approfondimento del tema

-L’essere non è; il non-essere è-

di Carmelo Santonocito

Scomodare Aristotele o seguire una corrente ideologica per spiegare che, in una società liquida, l’animale politico non potrà vivere se non nel “liquame” è tempo sprecato, a meno che non si abbiano nascosti e ambigui argomenti per far passare attraverso una erudita dialettica un messaggio chiaro e preciso.
Tornare sempre su argomenti di dualistica ed imperfetta pregnanza quale “complottismi, fake news e post-verità” non può far altro che danneggiare in modo irreversibile una corretta acquisizione non tanto del “VERO” che reale e concreto non è … [è infatti indiscusso che provenga da fonti non attendibili se – per come ammesso – non viviamo più in un mondo REALE, ma <l’uomo vive in un mondo “rappresentato” dai Media>. <I Media definiscono cos’è pericoloso e nello stesso tempo spiegano come affrontare il pericolo attraverso le narrative del controllo>], … quanto della Verità e Giustizia le quali rimangono imprigionate ed intercluse morendo incatenati nella stessa caverna dell’astrattezza che potrà concedere solo quel barlume sfocato di simulata <apparenza>, senza mai riuscire a vederle tramutate in <essenza>.
Televisioni e giornali sono proprio i maggiori strumenti dei quali il potere si serve per costruire intorno ai cittadini una vera e propria bolla ipnotica: chi è dentro di essa non sa più cos’è la realtà e così crede che la realtà sia quel che gli viene raccontato.
Il Grande Inganno parte dunque dal linguaggio per finire oggi nella medicina: se la retorica è l’arte della convinzione, la psicologia è l’uso medico di quest’arte che studia il modo di aiutare (!?) le persone, mostrando loro una diversa ed altra visione della realtà, magari né vera né falsa ma disuguale da quella che il soggetto psicolabile ha creato in sé sol perché spinto da una miriade di fattori esterni (luogo, persone, età, studi, lavoro, incertezze etc.) che lo condizionano.
I due mondi paralleli si sono incontrati ed assimilati nell’emergenza COVID dove è stata indubbiamente ingigantita ed esasperata l’immagine terrorizzante del contagio, che abbiamo dovuto curare con il distanziamento sociale anziché col “distanziamento sanitario”… perché?
Mi vengono in mente le ridicole situazioni vissute di “totale divieto di accesso alle Istituzioni” (Tribunali e Scuole); di bambini di pochi mesi già mascherati; di plexiglass anche facciali che si sovrapponevano sia alla mascherina che al distanziamento; di divieti assurdi di passeggiate solitarie; di gente sola in macchina con mascherina e finestrini alzati; di dover persino -a giugno- gustare un caffè al bar con mascherina e distanziato da mia moglie di un paio di metri!
Ed ancora: immagini di future classi-ovili con agnellini limitati e selezionati; di recinti sulle spiagge per pecore adulte; di leggi insane e contrarie al rispetto
della crescita non tanto economica quanto umana; di distruzione totale di una economia già fortemente gambizzata da crisi indotte, e così via!
E dall’altro lato solo pochi a parlare dei danni psicologici conseguenti al “lockdown” ed alla sua “mala gestio”: isolamento come massima pena detentiva; sintomi depressivi come perdita di motivazione ed autosvalutazione; violenza ed aggressività domestica come propensione al danneggiamento di altri e di se stessi con sospettosità paranoide nei confronti degli altri; senso di incoerenza come forti contraddizioni nelle comunicazioni ufficiali e forme inaudite di censura; controllo sociale ed individuale come aggravamento della salute psichica e contestuale impoverimento della cultura; OVERDOSE TECNOLOGICA come obbligo di potenziamento indiscriminato ponendo l’uomo al servizio della tecnologia e non viceversa; compromissione dello sviluppo e crescita nei minori come ritrovati posticci sotto l’egida di comunicati “scientifici” dell’OMS che suggerisce (come se non bastasse la didattica a distanza) l’utilità dei videogiochi o perverse idee come l’uso di braccialetti elettronici per il distanziamento o, peggio, soluzioni a lungo termine di video-educazione.
Cosa frulla nelle menti malate di alcuni super-uomini che continuano sempre a parlare di gregge (immunità di gregge, gregge multietnico) realizzandolo con la costruzione di ovili sempre più grandi ed ammorbati dove le singole pecorelle possano essere “una ad una” tenute sotto controllo: individuate, numerate, schedate, curate, tosate e magari riprodotte in serie?
Sono, questo genere di animali, veramente ingenui e docili tanto da farsi fregare così facilmente e senza opporre alcuna resistenza, ovvero aspettano di essere messe alle strette per poi partire al contrattacco?
Non tutti infatti credono alle menzogne elargite in pro-fusione alla massa!
Quel che è negativo è che anche le intelligenze preferiscono deviare, senza però volerlo ammettere, perché è altrettanto tipica la pretesa, da parte delle culture decadenti, di essere, invece, all’avanguardia, o, quanto meno, di essere più libere, più indipendenti, più spregiudicate rispetto al reale, di quanto non sia mai stata la cultura tradizionale.
Solo ad una società sana corrisponde di conseguenza una cultura sana, nella quale vige un sano “realismo”: una cultura che deve essere nemica di ogni biforcuta ambiguità!
L’intellettuale decadente, non quindi l’uomo di cultura, vuole però tenersi aperte insolite strade, differenti possibilità, perché teme, diversamente, di trovarsi intrappolato nelle conseguenze delle proprie scelte. In altre parole, vuole essere sempre in grado di spiccare il salto pindarico per passare dall’altra parte della barricata, qualora se ne presenti la necessità, con il minimo danno e il minimo disturbo.
L’emulazione parodica di ciò è diventata POLITICA già orfana di ogni ideologia!
Ma il punto nevralgico della questione sta tutto nel cercare di capire il perché il mondo è spinto a credere indiscutibilmente a ciò che viene detto e ripetuto e non a ciò che è plausibilmente vero.
C’è il forte timore che quasi nessuno sia più veramente “interessato” alla Verità e che preferisca vivere come se la stessa non fosse così importante per la sua problematica sopravvivenza, ed allora -coscientemente o meno, a volte per puro spirito di conservazione e a volte per scelte reputate audaci- viene ad accrescere smisuratamente il proprio EGO riuscendo ad inglobare qualsiasi Verità, offuscandola, immolandola e sacrificandola (come in un magico rituale satanico) alla necessità superiore e divina di trovare -a danno degli altri- un maggior spazio col minimo sforzo possibile.
Sono pienamente convinto che la scienza medica, gestita e fomentata da questi super-uomini -come il “filantropo” Bill Gates- dall’esuberante EGO, abbia potuto commettere pacchiani errori nella sua disastrosa “forma mentis” di affidarsi ai farmaci di laboratorio per curare persino i mali che questa società non ha. Errori madornali e disastrosi quindi se si pensa che molto spesso utilizzando un principio non deduttivo ma “induttivo scientifico matematico” non si parte dal problema per arrivare alla soluzione ma, al contrario, data una soluzione acquisita si cerca di evidenziare ed accrescere un problema!
Il linguaggio “taroccato” dai Grandi Ingannatori è stato così costruito con sostantivi-truffa, verbi-truffa e aggettivi-truffa; e la sintassi è del pari falsificata. In questa palude orwelliana degli slogan del partito in cui “la guerra è pace”, “la libertà è schiavitù e “l’ignoranza è forza”, avviene la transumanza dove il senso delle parole si perde e diventa un altro da quello che realmente è: invasione è diventata accoglienza, islamizzazione è diventata pluralismo religioso, fratelli maggiori equivale a dire che Mosè redime quanto Gesù Cristo, misericordia significa salvezza senza pentimento né ravvedimento, inclusione vuol dire sacrificare la pace e i diritti della maggioranza alla tirannia delle minoranze aggressive, antifascismo consente di demonizzare qualunque avversario, dialogo e tolleranza vogliono dire rinuncia alla propria identità e sottomissione alle identità altrui.
Questa inversione e trasformazione di significato viene resa possibile dal processo sempre più ampio di relativizzazione della Verità che è in atto, nella nostra cultura, da almeno quattro secoli, ma che già nel XX secolo ha acquisito lo status di dogma politicamente corretto (pensiero unico) e perciò inoppugnabile.
La relativizzazione è partita dal linguaggio e ha investito, l’uno dopo l’altro, gli altri ambiti del conoscere e del sapere.
A cominciare dalla immensa stupidità della stessa legge, che dovrebbe essere “certa ed uguale per tutti”, essa relativizzazione sostiene ed attesta (come il Giano bifronte) che una stessa cosa può essere sia affermata che negata contemporaneamente, con pari diritto e con pari dignità intellettuale: in altre parole, è un ritorno in grande stile della sofistica, la corrente culturale e pedagogica che sorse ad Atene all’epoca della guerra del Peloponneso, ma che è tipica di tutte le epoche di decadenza intellettuale.
Su WIKIPEDIA si può andare a leggere: <L’età di Pericle fu dunque al tempo stesso l’età dello splendore e della crisi della polis, poiché coincise con la crisi dei valori tradizionali, di cui i sofisti furono protagonisti; come scrive Mario Untersteiner, la Sofistica è “l’espressione naturale di una coscienza nuova pronta ad avvertire quanto contraddittoria, e perciò tragica, sia la realtà”. Il primo interesse dei sofisti è la rottura con la tradizione giuridica, sociale, culturale, religiosa, fatta di regole basate sulla forza dell’autorità e del mito (e per questo motivo sono talvolta guardati come “precursori dell’Illuminismo”), a cui veniva contrapposta una morale flessibile, basata sulla retorica. D’altra parte, la stessa retorica che essi insegnavano aveva un’enorme importanza per la vita civile nel regime democratico dell’epoca, il quale riconosceva a tutti i cittadini l’uguaglianza giuridica (isonomia) e la libertà di parola durante l’assemblea pubblica (parresia). Il tramonto dell’aristocrazia segnò il tramonto di una mentalità, di un’epoca con le sue aspirazioni eroiche. Le eroiche lotte sostenute contro i Persiani (atlanti dei), le nuove leggi e le nuove costituzioni crearono un grande senso di fiducia in se stessi. Nel pensiero dei sofisti si rispecchiano le esigenze delle àlacri classi borghesi, l’arrivismo degli uomini nuovi, l’irriverenza verso le tradizioni sacre ed il beffardo disprezzo del passato, le violente lotte fra città e città, la corsa sfrenata alle cariche politiche>.
La vera questione epistemologica è la seguente: come è possibile che da un carattere “ipotetico”, posto a fondamento di una ipotesi interpretativa, si possa poi giustificare l’oggettività della scienza? E’ importante, dice il matematico Hermann Weyl, afferrare il ruolo che il pensare matematicamente svolge nella pratica scientifica.
Entrambe (matematica e scienza) ci riportano ancora una volta al dualismo platonico. Un bifido sdoppiamento che ci fa deragliare dalla retta via!
Noi moderni viviamo all’interno di un paradigma culturale evoluzionista, progressista, scientista e storicista. Ci è stato insegnato, fin da piccoli, che il divenire umano è una evoluzione e un progresso; che si attua nella storia ed è illuminato dalla scienza: pertanto, che ogni società umana procede dal meno al più, dalla barbarie alla civiltà. Va da sé che noi, rispetto a tutte le generazioni che ci hanno preceduto, siamo di gran lunga i più fortunati, perché abbiamo avuto la ventura di nascere non già nelle buie età in cui dominavano l’ignoranza, la superstizione e l’irrazionalità, ma nella meravigliosa epoca in cui la ragione regola ogni cosa, la scienza (materialista ed evoluzionista) spiega i fenomeni, e gli uomini possono godere i frutti del progresso in una misura che i nostri progenitori, e perfino i nostri nonni o i nostri genitori, non avrebbero neppure sognato. Figuriamoci: senza il telefonino, senza il computer, senza la televisione! Ma che razza di vita doveva essere, la loro? Poco di più di una vita puramente animalesca, biologica; noi sì, invece che possiamo assaporare le gioie di una raffinata civiltà tecnologica!
Cosa è che ci fa credere nella razionalità della matematica? Una concezione della matematica che scaturisce di fatto dalla ipotetica soluzione dell’antinomia del continuo e che si fonda sostanzialmente sulla distinzione tra infinito potenziale (∞) ed un piatto infinito attuale (—), tra “possibilità” quindi da un lato ed “essere” dall’altro. In questo modo anche la realtà si viene a rivestire di una duplice natura (quella soggettiva e quella oggettiva) che rende manifesto il fatto che essa non è una cosa in se stessa ma è una cosa che virtualmente “appare” ad una sostanza mentale (l’esatto opposto parmenideo: l’essere non è, il non essere è).
                                                                                                               Carmelo Santonocito

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