* l’articolo è l’adattamento di un paragrafo tratto dal testo: Motta G., luci ed ombre dell’Egovernment: dalla parte del cittadino, 2010, inedito
“Se l’e-government deve essere solo un po’ di cosmetico sul cadavere della democrazia o uno schermo per coprire la necessità di risolvere alcune questioni fondamentali, allora tanto vale cessar di rimettere in ordine le sedie sul ponte del Titanic e avviarsi alle scialuppe di salvataggio! Ma dove altro andare, e chi ci salverà?”. Queste parole di Maldonado nel suo “critica della ragione informatica”, scritto quasi vent’anni fa, sembrano profetiche e si adattano perfettamente alla situazione sociale, politica ed economica attuale.
La Rete e, più in generale, le tecnologie informatiche, offrono una gamma di strumenti da utilizzare per avvicinare la pubblica amministrazione ai cittadini. Questi strumenti in Italia, sebbene in presenza di una delle legislazioni più moderne al mondo, sono generalmente sfruttati poco e male. Su ognuno di essi i governi degli ultimi anni si sono soffermati, definendo apposite politiche e cercandone la massima diffusione, con norme di legge ad hoc; ma al contempo si è dischiuso un baratro tra la disciplina normativa e la capacità della società di affrontarne le ripercussioni o, molto più semplicemente, di attuarne i principi cardine.
Queste tematiche sono state affrontate negli ultimi anni in Italia dalla politica da due punti di vista singolari. La prima peculiarità è costituita dall’intreccio stretto tra apparati burocratici e poteri politici, rappresentando i primi una componente decisiva dei secondi. La seconda è data dall’attenzione quasi esclusiva ai vecchi media, in particolare alla televisione, la quale assorbe gran parte del dibattito politico ed accademico.
Entrambe queste caratteristiche del dibattito politico influenzano negativamente le politiche sulle nuove tecnologie verso le quali molto spesso non è dato ritrovare la sensibilità che sarebbe necessaria per una reale innovazione degli apparati burocratici del Paese. Salvo poi ritrovare, invece, un eccesso di sensibilità ogni qualvolta si rendano note ricerche che attestano il nostro divario digitale In questi casi l’E-Government, o almeno la sua pubblicizzazione, diviene un’arma politica per l’affermazione di interessi di tutt’altra natura.
Naturalmente, quest’azione decisa e premeditata viene resa invisibile attraverso un’operazione retorica sistematica e significativo è, in tal senso, il propagandare come svolte decisive tutte le iniziative, anche le più banali o inutili, mediante un uso continuativo e martellante di effetto annuncio che ha solo uno scopo propagandistico.
È stato detto qualche anno fa da Stefano Rodotà, ma è ancora attuale, che quella che governa l’Italia, impregnata di pseudo-liberismo, è una coalizione politicamente e culturalmente antitetica all’E-government, quest’ultimo visto come una contraddizione rispetto allo spirito autoritario che ne anima l’azione. Il governo elettronico, infatti, si realizza sfruttando in modo coordinato le numerose opportunità che le tecnologie informatiche offrono. La sua realizzazione comporta cambiamenti importanti nella relazione amministrazione-cittadini, ciò a patto che le nuove tecnologie siano utilizzate in maniera proficua.
Come tutti i cambiamenti, inoltre, anche questo porta vantaggi e svantaggi e, in ogni cambiamento, qualcosa inevitabilmente si perde. I vantaggi per l’amministrazione così come per i cittadini, però, paiono tali da auspicare un’azione decisa nella direzione del cambiamento in considerazione degli obiettivi finali a cui potrà portare questo processo di innovazione.
Innanzi tutto per i cittadini, perché l’attività dell’Amministrazione è ad essi finalizzata, ma anche perché delineando nuove possibilità per loro si possono cominciare ad intravedere delle linee di un mutamento organizzativo della PA. Il cittadino, che le amministrazioni si trovano di fronte, è un cittadino nuovo, che interroga, che interviene, che si organizza, ed è quindi il maggior responsabile del processo di cambiamento in atto: “grazie alle nuove tecnologie della comunicazione è stato certamente avviato un processo di ‘liberazione’ del sovrano da una serie di vincoli di spazio e di tempo che ha avuto (e potrà avere) l’effetto di realizzare condizioni di indipendenza da apparati, da quelli burocratici in primo luogo”. In effetti, proprio il superamento dei vincoli spazio-temporali tradizionali è segnalato come una delle conseguenze principali dei media elettronici. Il superamento di tali vincoli è di fatto uno dei problemi fondamentali nei rapporti telematici con il cittadino. Solo un’accorta politica della comunicazione riesce ad attenuare le non indifferenti conseguenze dovute alla mancanza di un rapporto de visu. Joshua Meyrowitz, indagando questo aspetto, ha affermato che “se molte informazioni sociali sono ancora accessibili solo recandosi in determinati luoghi o interagendo con gli individui in incontri faccia a faccia, i recenti cambiamenti nei mezzi di comunicazione hanno parecchio indebolito il rapporto, un tempo armonioso, tra l’accesso all’informazione e l’accesso ai luoghi”.
La perdita del senso del luogo e quindi la perdita della necessità di recarsi negli uffici, porta con sé però anche una forma di controllo diffuso sull’Amministrazione che di conseguenza è costretta a perdere quell’aura di autorità che la caratterizza: “i nuovi modelli di flusso informativo influiscono innanzitutto sui ruoli sociali di tipo gerarchico. La perdita di controllo informativo compromette l’esistenza delle tradizionali figure autoritarie”. Questa perdita di autorità può essere, per l’Amministrazione, l’occasione per mutare completamente la sua fisionomia, ottenendone in cambio una nuova legittimazione presso la società. Non più rapporto tra autorità e soggezione ma solo relazione tra chi eroga un servizio e chi ne è destinatario nell’interesse di tutti; ciò è possibile anche mediante un rapporto meramente telematico, quando però questo sia frutto di un uso intelligente e competente degli strumenti che la tecnologia mette a disposizione.
In caso contrario c’è solo frustrazione per il cittadino ed inefficienza della PA. Ma forse è proprio questo il vero obiettivo di una classe politica che è abituata a gestire il potere con il bastone della fredda burocrazia e la carota del favore personale.
Le citazioni sono tratte da:
Maldonado, T., Critica della ragione informatica, Feltrinelli 1999, pp. 43-45.
Vita V., “Il tempo nel governo in rete e nella pratica democratica”, in De Kerckhove D., La conquista del
tempo, Editori Riuniti, 2003, p. 108.
Meyrowitz, J., Oltre il senso del luogo, Baskerville, 1993, p. 192