L’Europa ha posto la realizzazione dei programmi di E-Government ai primi posti della propria Agenda, ponendo regole e monitorandone l’attuazione. Recentemente è stata pubblicata l’undicesima edizione del “Quadro di valutazione dell’E-Government”, che rappresenta la prima misurazione completa dei servizi pubblici online nell’ambito del nuovo “E-Government Benchmark Framework 2012-2015” e che ci dà modo di proporre alcune riflessioni sulla situazione attuale e sulla sua distanza da quella che dovrebbe essere la “società digitale” progettata dall’Europa.
I risultati della ricerca hanno dato un quadro molto realistico, e certamente non entusiasmante, della situazione dei servizi pubblici digitali in Europa, sulla base di una valutazione di un gruppo selezionato di eventi della vita di ogni cittadino ed azienda europei ed in relazione alla fruizione dei più comuni servizi pubblici. L’obiettivo della ricerca è quello di misurare i progressi fatti per raggiungere le principali priorità del Piano d’azione di E-Government, che delinea una visione di un governo aperto, centrato sugli utenti e che fa leva sull’innovazione per fornire servizi migliori e a costi minori.
Il documento finale evidenzia alcuni progressi ma anche molte criticità in relazione: alla Centralità dell’utente – intesa nel senso della disponibilità dei servizi on line e della loro usabilità – alla trasparenza, alla mobilità transfrontaliera – che centra l’attenzione sulla capacità di operare al di fuori dei confini geografici – ed ai fattori abilitanti ed alla loro semplicità ed efficacia (Electronic Identification, Electronic documents, Authentic Sources, Electronic Safe e Single Sign On).
Nell’ottica delle finalità europee evidenziate dal documento, il punto di arrivo nell’attuazione dell’E-Government dovrebbe essere rappresentato dal cosiddetto connected government. Cioè un modello costituito da tecnologie e processi correlati tra loro, che consente alla P.A. di erogare efficacemente i propri servizi, attraverso la gestione efficiente delle informazioni digitali in modalità di tipo collaborativo.
Nel connected government gli enti pubblici dispongono di un flusso completamente elettronico per la raccolta, l’archiviazione, la condivisione e il recupero delle informazioni. L’utilizzo della carta viene quasi del tutto eliminato e sostituito da informazioni digitalizzate e indicizzate. Le procedure operative sono sensibilmente semplificate e automatizzate, con pieno rispetto dei tempi di erogazione dei servizi. I cittadini e le imprese interagiscono con le pubbliche amministrazioni tramite portali ed in completa sicurezza.
Le istituzioni pubbliche interconnesse condividono le informazioni a loro disposizione, internamente e con altri enti, utilizzando modalità collaborative per accelerare l’elaborazione di pratiche o richieste (collaborative case management).
Il connected government permette tracking e audit delle attività, offrendo trasparenza e costante visibilità ai cittadini sulla qualità e sull’efficienza dei servizi.
La Pubblica Amministrazione in definitiva, deve essere in grado di governare il proprio fabbisogno tecnologico, costruendo le relazioni logiche ottimali tra la propria missione istituzionale, la struttura organizzativa, i processi produttivi e le opportunità che il mercato ICT offre. Senza gli strumenti per interpretare e guidare le scelte tecnologiche, essa rinuncerebbe a governare pienamente la propria crescita. Esiste una relazione molto diretta, sia sul piano concettuale che su quello operativo, tra innovazione tecnologica e qualità, infatti, entrambi gli elementi investono le dimensioni economica, produttiva, e organizzativa della P.A. e la sua capacità di essere aggiornata sul mercato globale. La qualità è l’attributo principale della costruzione del valore sull’intera catena cliente/utente da un lato e Amministrazione dall’altro, rappresentabile come un unico flusso di processi scomponibili in specifiche attività da gestire con efficienza.
La P.A. che governa le proprie scelte tecnologiche agisce coerentemente, razionalizza i processi produttivi e distributivi, migliora l’efficienza, ottimizza i costi. Tiene quindi efficacemente in mano le leve della crescita. La capacità della P.A. di fare leva sulle tecnologie per la propria crescita è la parte più consistente della governance, cioè del sistema di organizzazione e competenze della P.A. e l’ICT fornisce la cornice di tale processo della qualità, al cui centro sta sempre l’uomo con la sua sensibilità e capacità di mediazione sociale.
Di fronte all’esigenza di favorire lo sviluppo tecnologico dell’amministrazione e i servizi on line evitando, nel contempo, il digital divide, una nuova prospettiva è anche quella della multicanalità. Questa dovrebbe consentire di integrare la rete in un sistema di canali o modalità di azione amministrativa allo scopo di ampliare e migliorare l’accesso dei privati all’amministrazione.
Multicanalità è un termine che da pochi anni è entrato a far parte del linguaggio politico-normativo. Il suo significato è semplice e descrive il fatto che le modalità, ossia i canali, utilizzabili nell’attività amministrativa e, in particolare, relativamente all’erogazione dei servizi pubblici, sono molteplici.
Sotto il profilo della finalità d’uso, i canali sono considerabili, nel contempo, canali di lavoro e di servizio. Sono canali di lavoro in quanto veicolano flussi di informazioni relativi ai procedimenti amministrativi. Sono canali di servizio perché rivolti anche all’utenza ai fini dell’erogazione dei servizi richiesti.
Per quanto invece riguarda l’identificazione dei canali, allo stato attuale delle conoscenze, ogni classificazione rischia di essere parziale e incompleta. L’insieme costituito dai canali esistenti e da quelli innovativi e sperimentali, oltre ad essere un insieme complesso, è anche aperto, dai confini non facilmente prevedibili anche perché legato al continuo e crescente sviluppo nelle scienze e nelle tecnologie dell’informazione.
Nel processo generale di erogazione dei servizi pubblici la multicanalità, a condizione che sia accompagnata dall’integrazione dei diversi canali, può avere ricadute rilevanti soprattutto nei rapporti tra i privati utenti e le amministrazioni. In particolare, il complesso dei canali utilizzabili consentirebbe alla modalità telematica di trovare una collocazione adeguata che eviti o riduca il rischio di diseguaglianze nelle possibilità di accesso ai servizi pubblici.
La multicanalità, pertanto, è un approccio, più che un insieme di strumenti, che propone la valorizzazione della telematica e dei servizi on line in un contesto che, però, tenga conto delle diseguaglianze di accesso alla Rete e nell’uso dei servizi on line. L’approccio multicanale non esclude, dunque, la Rete come modalità o canale di innovazione nei servizi pubblici, ma, al contrario, ne prevede lo sviluppo, includendolo in un contesto di fruizione più ampio ed equo.
Quello su cui in realtà ci si interroga è fino a che punto la struttura della Pubblica Amministrazione in Italia ed in Europa è in grado di gestire l’innovazione, o meglio, fino a che punto può obiettivamente, in considerazione dei vincoli organizzativi, gestionali e normativi, gestire un processo di qualità sostanziale – piuttosto che un meccanismo autoreferenziale di quality managment – che passi dalla realizzazione primaria degli interessi alla legalità, trasparenza, efficacia ed efficienza cui ogni cittadino di uno Stato democratico ha diritto.
Purtroppo la “cartocrazia”, il potere della burocrazia di imporre la carta nelle relazioni con i cittadini e le imprese, batte ancora l’innovazione tecnologica
Giuseppe Motta